In conseguenza della diffusione a livello internazionale delle nuove tendenze musicali, i jazzisti italiani, in particolare dalla metà degli anni Cinquanta, si svincolano da un certo dilettantismo delle stagioni precedenti in favore di un professionismo in cui si fa largo una maggiore qualità esecutiva, ancora, a ben vedere, lontana dal promuovere un lessico originale e non derivato, e spesso imitato, da quello degli illustri esponenti del jazz americano. Ogni solista o formazione di jazz italiano in quel periodo si ispira al West Coast Jazz o all’Est Coast Jazz (hard-bop o soul jazz), spesso facendoli propri entrambi. A questo si aggiunge la sempre più diffusa presenza di musicisti americani in Italia, come il trombettista Chet Baker, che proprio nel quartetto di Gerry Mulligan, in cui era assente il tessuto armonico dato dal pianoforte, aveva lavorato sulle linee melodiche prendono spunto dalle tecniche contrappuntistiche di scuola europea.
La formazione che ha illustrato quello specifico periodo del jazz italiano è stata, senza ombra di dubbio, il Quintetto Basso-Valdambrini: il trombettista Oscar Valdambrini e il sassofonista Gianni Basso, insieme ad altri musicisti della scena jazzistica milanese, militano nell’orchestra condotta dal pianista, arrangiatore e direttore d’orchestra Giampiero Boneschi. Dall’organico orchestrale nasce prima il Sestetto Italiano, che farà il suo debutto officiale nel marzo del 1955 nella quinta edizione del Festival Nazionale del Jazz al Teatro Manzoni di Milano, e in seguito il Quintetto Basso-Valdambrini. Nel 1956 il Quintetto prende parte alla prima edizione del Festival del Jazz di Sanremo, organizzata da Arrigo Polillo. La formazione in quel periodo cambia organico più volte alternando i pianisti Renato Sellani e Gianfranco Intra, i contrabbassisti Giorgio Azzolini e Berto Pisano, i batteristi Gianni Cazzola e Gil Cuppini. Anche il sassofonista baritono Lars Gullin collabora col Quintetto partecipando all’incisione del disco “New Sound From Italy”. Inoltre, suona col quintetto di Gil Cuppini e partecipa alla registrazione nel 1958 della colonna sonora del film “I soliti ignoti” del regista Mario Monicelli, composta e diretta da Piero Umiliani, a cui aveva preso parte anche Chet Baker.
Nel 1959 viene licenziato dall’etichetta Music Italia (negli Stati Uniti dall’etichetta Verve) il primo disco del Quintetto, mentre l’anno successivo la formazione partecipa alla quinta edizione del Festival del Jazz di Sanremo, con un organico di otto elementi, che vede Franco Cerri al contrabbasso. Il musicista milanese nei primi anni di carriera suona sia la chitarra che il contrabbasso intraprendendo la carriera jazzistica a tempo pieno, ancora una rarità in Italia nel periodo a cavallo tra i Cinquanta e Sessanta. Ma non è il solo ad optare in quel periodo per questa scelta di certo non facile, come accennato in precedenza, un gruppo di jazzisti italiani, tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta, va definendo la fisionomia del jazzista italiano, preparato, consapevole dei propri mezzi e disposto a sacrificarsi pur di “vivere di jazz”, una forma mentis che avrà la sua piena realizzazione solo a partire dagli anni Settanta.
Insieme al professionismo arriva in maniera graduale per i jazzisti italiani la notorietà e il consenso da parte di pubblico e critica a livello internazionale. Ne è un esempio la partecipazione, con tanto di elogi da parte della critica specializzata, di Gil Cuppini al Festival Jazz di Newport nell’edizione del 1958, manifestazione fondata quattro anni prima dal pianista e proprietario di un locale di Boston, George Wein.
Con l’entrata nel 1960 del trombonista Dino Piana, la formazione di Basso-Valdambrini diviene un sestetto. Viene pubblicato il disco “Basso Valdambrini Plus Dino Piana”, a cui seguiranno numerose incisioni e tournée in un arco temporale di quarant’anni, fino alla scomparsa di Oscar Valdambrini.
Paolo Marra