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Verso la fine degli anni Cinquanta un commerciante di pelletteria con la passione per il jazz organizza nella sua casa di Milano lunghe jam session con gli amici musicisti, anche loro, per la maggior parte, non professionisti. Il personaggio in questione è il pianista e compositore Tito Fontana; con lui ci sono giovani jazzisti della scena milanese, il chitarrista Alberto Rota, i sassofonisti Claudio Fasoli e Luigi Tonioli, i contrabbassisti Giorgio Azzolini e Carlo Milani. Qualche anno più tardi, Tito Fontana sente l’esigenza di creare uno spazio autonomo che gli permetta di suonare in piena libertà senza recare disturbo al vicinato. Quando gli si palesa l’opportunità di acquistare un pianterreno situato in uno stabile in Corso Venezia 7 a Milano i giochi sono fatti; vengono improntati lavori di ristrutturazione e allestimento di pannelli fono assorbenti per insonorizzare gli studi di registrazione ricavati dallo spazio a disposizione e, inoltre, ogni sala viene attrezzata con le migliori apparecchiature dell’epoca. Nasce cosi lo Studio 7, uno dei pochi recording studios di quegli anni in cui l’aspetto estetico si fondeva con quello tecnologico per offrire le migliori condizioni ambientali ai musicisti ospiti.

Per Tito Fontana quella che era solamente una passione da soddisfare nelle serate a casa con gli amici e colleghi musicisti si tramuta in poco tempo in una seconda attività portata avanti unitamente a quella principale di commerciante. Dopo una prima fase interlocutoria, lo Studio 7 diviene il crocevia della scena artistica e culturale milanese composta da jazzisti, cantanti di musica leggera, personaggi legati alla musica contemporanea, solisti e formazioni di vario genere. Le numerose registrazioni di personalità della musica italiana vengono realizzate allo Studio 7 per prestigiose etichette come la RCA e Ricordi. A queste si aggiunge la produzione dei microsolchi allegati alla storica iniziativa editoriale della Fabbri Editori “Storia della Musica”, una serie di fascicoli venduti con successo nelle edicole di tutta Italia.

Le iniziative di Tito Fontana non si esauriscono con la realizzazione dello Studio 7, fonda nei primi anni Settanta l’etichetta Dire. Le ragioni alla base dell’iniziativa discografica del pianista milanese si esplicitano nella precipua volontà di dare visibilità a musicisti che fino ad allora non avevano avuto la possibilità di registrare un disco. In tal senso, l’etichetta milanese si pone come la prima in Italia ad adottare una visione ampia e integrativa di produzione musicale, in seguito fatta propria dalle varie etichette discografiche degli anni Settanta e Ottanta, nella quale il lavoro profuso è focalizzato sul promuovere artisti “non commerciali”, che siano comunque considerati validi per quanto riguarda la proposta artistica. Tra i giovani musicisti prodotti dalla Dire troviamo Franco Cerri, Renato Sellati, Guido Manusardi, Giorgio Azzolini, Franco Ambrosetti, Giancarlo Barigozzi, la cantante Renata Mauro. A coadiuvare Tito Fontana in questa ennesima sfida dai risvolti incerti ci sono Alberto Rota e Giulio Confalonieri, grafico italiano di fama internazionale. Non del tutto sodisfatto, Tito Fontana, in seguito al raggiungimento dello sperato successo ottenuto dall’attività discografica, decide di ampliare i locali della Studio 7 per mettere in essere una sala di registrazione atta ad ospitare un’intera orchestra, apportando, inoltre, le più minuziose migliorie per ottenere una resa acustica al limite della perfezione.

Il produttore milanese in quel periodo raduna attorno a sé una schiera di musicisti ancora non venuti alla ribalta della scena musicale italiana, tra cui, Maria Monti, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber e Bruno Lauzi, giovani promesse per cui comporrà brani a cavallo tra musica leggera e jazz. Negli anni successivi l’etichetta Dire licenzierà dischi di Claudio Fasoli, Enrico Intra, Dado Moroni, Ronnie Cuber col quartetto di Enrico Pieranunzi, Manuel De Sica, Franco Cerri, Marco Tamburini, Gianni Basso, il duo Santucci-Scoppa, Milan Jazz Quartet, Franco Ambrosetti, Sante Palumbo e altri.

Paolo Marra

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