Gran parte della diffusione del jazz in Italia è stata resa possibile grazie a piccole realtà discografiche indipendenti fondate da personaggi di grande capacità relazionale e viscerale passione. Alla luce della perenne difficoltà del jazz di ritagliarsi visibilità e attenzione rispetto ad altri generi musicali di più facile fruizione, il lavoro di questi intraprendenti quanto coraggiosi produttori assume una dimensione ancora più sorprendente e per certi versi curiosa.
Ciò che accomuna le varie label in questione, con un budget a disposizione ben lontano da quello delle grandi major, è un’idea personale di linea discografica riguardante la scelta dei musicisti da produrre, la ricerca storico-musicale e la seguente pubblicazione di incisioni inedite, attenzione per la veste grafica e la qualità sonora, indispensabile per non alterare la peculiare voce espressiva delle diverse formazioni e del singolo strumentista. Ne scaturisce una visione literally che non può prescindere dall’apertura verso generi, stili ed identità nazionali, regionali e locali eterogenee, pur che la proposta discografica sia qualitativamente rilevante e abbia in nuce uno spirito originale, spostato nel presente, anche quando si tratta di rimandi alla tradizione jazzistica più classicheggiante.
La graduale implementazione di vasti cataloghi discografici da parte delle etichette , ancora oggi per buona parte disponibili, ha reso possibile la preservazione e valorizzazione di un patrimonio storico-culturale altrimenti andato perduto. Materiale sonoro che ci restituisce la zeitgeist di un dato momento artistico, sociale e spirituale nel quale si sono susseguite performance di jazzistici italiani ed internazionali. Nel novero delle etichette dedicate al jazz troviamo la Red Records di Sergio Veschi (affiancato fino agli inizi degli anni novanta dal promoter Alberto Alberti)the Soul Note – sorella della Black Saint – di Giacomo Pellicciotti, la Splasc(h) di Peppo Spagnoli e la Philology di Paolo Piangiarelli.
In questo articolo ci soffermeremo su due piccole realtà discografiche nate a Roma, e la cui attività è circoscritta agli anni Settanta: la Edi-Pan e la Horo. La prima viene fondata dal Maestro Bruno Nicolai, pianista, compositore e direttore d’orchestra. Durante gli studi presso il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, Nicolai aveva instaurato un forte legame di amicizia con Ennio Morricone, a cui aveva fatto seguito un lungo corso di collaborazione artistica; il pianista, infatti, dal 1965 al 1974 ricoprirà la carica di direttore d’orchestra durante le incisioni delle colonne sonore del Maestro Ennio Morricone, lasciando a quest’ultimo la possibilità di dedicarsi, insieme al regista, alla fase di controllo e sincronizzazione della musica. Ennio Morricone nel libro “Inseguendo quel suono – la mia musica, la mia vita” (Edizioni Mondatori) parlando di Nicolai, racconta – “Bruno iniziò a lavorare con me perché era un ottimo direttore d’orchestra; lo conoscevo dai tempi del conservatorio e lo stimavo, e nel corso degli anni diresse molte mie musiche per il cinema in sala di registrazione”. In seguito, nel 1975, Bruno Nicolai apre in Viale Mazzini a Roma lo studio “Emmequattro” e la casa editrice musicale Edi-Pan ad esso associata, attività portata avanti unitamente a quella di compositore di colonne sonore e musica da camera e sinfonica. Da sempre animata da una produzione trasversale comprendente musica medievale e contemporanea sperimentale, l’etichetta romana pubblica dischi seminali del jazz italiano: “The Day After the Silence”, “From Always to Now “ e “Soft Journey” del pianista romano Enrico Pieranunzi (quest’ultimo inciso col trombettista americano Chet Baker), “Hinterland” del Claudio Fasoli Jazz Group, ma anche lavori dei “Saxes Machine“, formazione orchestrale condotta da Bruno Biriaco, e del clarinettista americano Bill Smith.
Nello stesso periodo viene fondata dal produttore siciliano Aldo Sinesio l’etichetta Horo, rimasta in attività dal 1972 al 1979. In quegli anni Sinesio è solito frequentare il Music Inn jazz club in quel di Roma, dove ha modo di ingaggiare blasonati jazzisti americani di passaggio in Italia per l’incisione di numerosi dischi della serie discografica “Jazz a Confronto”. In questi album il produttore siciliano mette insieme nella stesse sedute di incisione nomi nuovi e affermati jazzisti italiani, europei ed americani: Giorgio Gaslini e Mario Schiano, Enrico Pieranunzi con Bruno Tommaso e Ole Jorgensen, Enrico Rava e Massimo Urbani, Sal Nistico con Irio De Paula, Johnny Griffin con Giovanni Tommaso e Bruno Biriaco e, proseguendo, Dino Piana, Renato Sellani, Giancarlo Schiaffini, Marcello Rosa, solo per menzionarne alcuni. Verso il 1977 Aldo Sinesio inizierà a produrre veri e propri colossi del jazz internazionale: Max Roach, Sun Ra, Lee Konitz e Martial Solal, Archie Shepp, Lester Bowie, Don Pullen, l’Orchestra di Gil Evans e tanti altri. Una vera e propria antologia del jazz moderno in formato album.
Paolo Marra